“Gioiaaaa”

Alle nove di sera di sabato scorso hanno suonato anticipando la Pasqua le campane a festa e tra i petardi che esplodevano ho sentito “Gioiaaaa”, le voci in paese invocare come da tradizione il Cristo risorto, sono uscita di corsa come un fiume tra i vicoli e le case chiuse ma appena nella piazza mi sono accorta che le urla che venivano da dietro le finestre erano per l’Inter che aveva segnato.
Ho capito male. Ho riso, un poco delusa.
Risalendo ho pensato che la poesia è una variabile, una questione di associazioni indipendenti con cui si abbracciano i pensieri fra loro: puoi decidere di oscurare una cosa e di illuminarne un’altra. Questa miscela personale scandisce in modo originale le ore e i giorni, ci salva dal racconto opaco di questo tempo noioso e prevedibile.Nessuno urlava “Gioia”, perché le processioni sono vietate.
Quel “goooooal!” mi ha regalato un’illusione che per il tempo della rapida calata nei vicoli ha emozionato il mio cuore. In queste falle del sistema s’infila nel presente la mia speranza, nella singolarità di un equivoco, nella gioia sfuggita al controllo di cui soffre oggi la programmazione delle nostre vite sorvegliate.

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