26 aprile

Trauma lento questo tempo della sottrazione che ha lavorato per mesi.
Mi domando come sia lontanamente possibile tornare a fare, dire, pensare esattamente come prima, specie con le museruole addosso.
Eppure, in questo gattopardesco lunedì mattina, mi è sembrato di vederla bene la corsa affannosa a tornare com’eravamo.La pretesa di una normalizzazione del trauma è del resto una forma di abuso.
L’elaborazione richiede almeno una crisi di trasformazione.
Perché l’esperienza, se non ti cambia, finisce con la polvere sotto il tappeto.
Non è solo il palesarsi della caducità della vita a turbarmi, la morte ci danza continuamente accanto, ma il pericolo di una manipolazione “normalizzante” delle nostre scelte, dei nostri pensieri, delle nostre coscienze, la rimozione da tutti gli spazi di un dibattito vero, che metta in discussione i modelli sociali e produttivi di riferimento.
Se niente cambia, allora lasceremo cambiare solo il perimetro della nostra libertà.

Foto Francesca Occhi per ©Lei Magazine

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